
Tagliare la Tela - La Storia di Lucio Fontana
L'arte astratta crea domande, non risposte. Così invita all'attacco. Non a tutti piacciono le domande. Le persone spesso desiderano dall'arte solo conforto e bellezza. Ma molti artisti astratti non sono tanto consolatori decoratori quanto filosofi-scienziati: persone che cercano di esperire e interpretare l'universo, non solo di abbellirlo. Lucio Fontana era uno di questi artisti. In quanto fondatore di una tecnica rivoluzionaria chiamata Spazialismo, Fontana era profondamente preoccupato per i modi pratici di fare arte che affrontassero le misteriose proprietà dello spazio. Era curioso di sapere come le forme abitassero lo spazio, come potessero contenere lo spazio e come, eliminando la massa, si potesse creare spazio. Era particolarmente affascinato da come un buco in una forma potesse creare un vuoto attraverso il quale l'esperienza dello spazio potesse essere ampliata. Ma Spazialismo non era limitato solo a tali domande accademiche. Come disse Fontana nel 1967, in riferimento al fatto che gli esseri umani stavano allora viaggiando regolarmente nello spazio esterno su razzi, “Ora nello spazio non c'è più alcuna misura. Ora vedi l'infinito... ecco il vuoto, l'uomo è ridotto a nulla... E anche la mia arte si basa tutta su questa purezza, su questa filosofia del nulla, che non è un nulla distruttivo, ma un nulla creativo.
Lucio Fontana e l'Arte Multidisciplinare
È un errore storico che Lucio Fontana sia principalmente considerato un pittore. Fu formato come scultore. Nacque in Argentina nel 1899 da un padre scultore che insegnò a Lucio le basi del suo mestiere. Dopo decenni di lavoro al fianco di suo padre, Lucio si trasferì a Milano nel 1927 e si iscrisse come studente di scultura all'Accademia di Brera. Ebbe la sua prima mostra scultorea all'età di 31 anni in una galleria milanese. Riferendosi a se stesso come scultore astratto, si unì all'associazione artistica Abstraction-Création nel 1935, e negli anni '40 tornò in Argentina dove insegnò scultura e continuò a realizzare opere tridimensionali.
In verità, Fontana lavorò quasi esclusivamente nel medium della scultura fino al 1948. E anche allora, quando iniziò a creare oggetti che somigliavano a dipinti, insistette che non erano dipinti ma piuttosto “una nuova cosa nella scultura.” Ma anche così, se volessimo essere fedeli alle piene intenzioni di Fontana come artista, non lo chiameremmo nemmeno scultore. Lo chiameremmo semplicemente artista, e forse un esploratore dello spazio.
Lucio Fontana - Figura allo specchio. Ceramica. 24,5 x 15 x 13 cm. © Lucio Fontana
Il Manifesto Bianco
Nel 1946, Fontana giunse alla decisione che le definizioni di scultura e pittura non erano più sufficienti per accogliere la natura teorica del suo lavoro. Guidò un gruppo di artisti e studenti nella creazione di quello che chiamò il Manifesto Bianco, il primo di diversi documenti che Fontana avrebbe aiutato a scrivere e che sperava potessero affrontare la necessità di un nuovo approccio all'arte. Il Manifesto Bianco attirò l'attenzione sulla necessità che l'arte fosse in linea con altre attività intellettuali dell'epoca. Sottolineò che i recenti sviluppi scientifici e filosofici erano incentrati sull'idea di sintesi, che idee diverse dovessero essere combinate per formare un punto di vista unificato.
Fontana sostenne un approccio "sintetico" simile alla creazione dell'arte, uno che avrebbe sintetizzato quelle che lui chiamava le "forme d'arte 'statiche' tradizionali" per creare un metodo completo di espressione estetica che avrebbe "coinvolto il principio dinamico del movimento attraverso il tempo e lo spazio." Con le idee espresse nel Manifesto Bianco, Fontana inventò essenzialmente l'arte multidisciplinare: la prospettiva secondo cui un artista dovrebbe essere in grado di lavorare in tutti i mezzi, utilizzando qualunque metodo meglio si adatti a un'idea particolare.
Lucio Fontana - Ambiente spaziale, illuminato. © Lucio Fontana
Avventure nello spazio
All'inizio della sua carriera, Fontana era stato criticato per aver dipinto le sue forme scultoree astratte in colori forti e apparentemente casuali. Rispose che stava cercando di utilizzare il colore per coinvolgere le opere con il loro ambiente, per colmare lo spazio tra l'oggetto e lo spettatore. Continuò a affrontare questa preoccupazione per tutta la sua carriera. Voleva che lo spazio stesso si manifestasse come forma e diventasse il soggetto della sua arte. Ma non riusciva a capire come ciò potesse essere realizzato. Come scrisse una volta nel suo diario, “nessuna forma è spaziale.”
Lucio Fontana - Concetto Spaziale, 1949. © Lucio Fontana
Ma nel 1949, Fontana ha vissuto delle scoperte che lo hanno avvicinato al suo obiettivo. La prima si è manifestata come un'opera chiamata Ambiente Spaziale. Per questo sforzo innovativo, Fontana ha oscurato una stanza i cui muri erano dipinti di nero e ha appeso al soffitto forme astratte in carta pesta dipinte con colori neon che brillavano quando colpite dalla luce ultravioletta. Ha trasformato lo spazio espositivo in parte dell'opera d'arte, creando un'opera che precedeva l'arte d'installazione e il Movimento Luce e Spazio di oltre un decennio, eppure incarnava molti dei loro concetti. Ma il soggetto dell'opera non era ancora lo spazio, poiché l'attenzione sull'esperienza dello spettatore era rivolta alle forme scultoree luminose.
Lucio Fontana - Concetto Spaziale, 1950. Acrilico su tela. 69,5 x 99,5 cm. © Lucio Fontana
Concetti spaziali
Il prossimo grande passo di Fontana portò il suo lavoro in una direzione completamente opposta. Invece di trasformare un'intera stanza in uno spazio vuoto per poi riempirlo con un oggetto, decise di prendere un oggetto e usarlo come punto d'ingresso nello spazio. Stese la tela su barre di supporto come se volesse realizzare un dipinto tradizionale, poi praticò dei fori nella tela con un coltello prima di applicare uno strato monocromatico di vernice.
Lucio Fontana - Concetto spaziale (56 P 8), 1956, con perline di vetro e pietre aggiunte. © Lucio Fontana
Sebbene tecnicamente fosse un dipinto, i buchi fungevano da vuoti nella forma offrendo accesso allo spazio dietro la tela. Questo semplice gesto trasformò il dipinto in una scultura. Ma sebbene questo di per sé fosse rivoluzionario e dimostrativo delle sue idee sull'arte multidisciplinare, sentiva ancora che non creava forma dallo spazio. Così Fontana sperimentò con diverse espressioni del pensiero generale. Fece dei buchi in modo tale da creare cerchi, triangoli e altre forme sulla superficie. Aggiunse anche pietre, vetro e cristalli a alcune tele, estendendo la superficie verso l'esterno nello spazio mentre apriva anche lo spazio oltre.
Lucio Fontana - Concetto spaziale – Attesa, 1965. © Lucio Fontana
Un singolo taglio
Negli anni '50, Fontana ebbe una rivelazione. Iniziò a tagliare le sue tele, opere che chiamava Tagli, o tagli. Evolvette gradualmente questa idea fino a quando nel 1959 arrivò a quella che considerava la manifestazione ultima dell'espressione: un'unica fessura attraverso una tela altrimenti monocromatica. Fu con questo gesto che raggiunse il suo obiettivo di creare forma dallo spazio, dicendo nel 1968, “La mia scoperta è stata il buco e basta. Sono felice di andare nella tomba dopo una tale scoperta.”
Fontana died a tutti i suoi oggetti tagliati lo stesso nome: Concetto Spaziale, o Concetto di Spazio. Quando finalmente scoprì la semplicità e l'eleganza delle lunghe fessure, diede a quei dipinti il sottotitolo aggiuntivo di attesa. In italiano, attesa significa attesa, o speranza. Come è chiaro, Fontana non era interessato solo a come le persone percepivano e concepivano lo spazio. Era interessato a come le persone percepivano e concepivano se stesse. Attraverso l'uso di un vuoto non solo manifestò la forma dallo spazio, ma manifestò anche qualcos'altro, qualcosa di astratto e concreto: le speranze di ciò che si trova oltre un'opera d'arte.
Immagine in evidenza: Lucio Fontana - Corrida, 1948. Ceramica dipinta. © Lucio Fontana
Tutte le immagini sono utilizzate solo a scopo illustrativo
Di Phillip Park